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Negli ultimi mesi nel mondo della moda, abbiamo assistito ad un continuo cambio, forse mai come oggi, di direttori creativi. Se da un lato un nuovo designer può portare una ventata di novità e innovazione, i cambiamenti troppo frequenti, potrebbero anche avere conseguenze non proprio positive su un brand. In modo particolare ciò che potrebbe essere a rischio è l’identità del marchio e la sua stabilità nel lungo periodo. Ogni direttore creativo, porta con sé la propria visione ed un margine di cambiamento è da mettere in conto, ciò che non deve accadere è il totale stravolgimento dell’identità del marchio.
L’heritage è un valore sacrosanto per un’ impresa, racchiude il concetto di storia, di eredità, insomma il patrimonio culturale di un maison. E’ necessario di conseguenza averne rispetto, sarebbe un problema non riconoscere più l’immagine o l’essenza di un brand. Forse oggi, ciò che si stenta a trovare, è quel guizzo di creatività, che seppur attingendo dagli archivi di una maison, mantenga il senso di autenticità e riconoscibilità del marchio. La copiatura fine a se stessa, con il rischio di trasformare tutto in una caricatura o nel peggiore dei casi in una baracconata, è dietro l’angolo. E’ il caso di tornare a concepire la moda come forma d’arte, rivendicando la libertà creativa, sempre più sacrificata dalla logica del business. I direttori creativi, oggi giorno, sono influenzati e sentono la pressione delle linee imposte dall’azienda, dove ciò che conta sono i numeri ed i bilanci, a scapito dell’espressione artistica.
Si ha ormai l’impressione che il settore della moda sia in bilico tra il rispetto del patrimonio culturale dell’azienda, l’innovazione che non deve dar vita ad una brutta copia dell’immagine di un brand ed i profitti. L’avvicendarsi, direi frenetico, dei designer, al di là dell’effetto sorpresa, il cui scopo dovrebbe essere quello di risollevare le sorti di un brand, in realtà agli occhi di spettatori esterni, comunica una sensazione di instabilità all’interno del marchio. Certo è, che negli ultimi tempi, la fiducia di chi acquista e degli investitori, nei confronti del fashion, ha subito dei forti scossoni e non in positivo.
Un brand che cambia spesso direttore creativo, rischia di perdere il proprio carattere distintivo, facendolo apparire meno autentico e coerente, diminuendo di conseguenza la propria competitività. Il continuo turnover di stilisti, potrebbe anche significare che un brand non è capace di trattenere i talenti su un periodo a lungo termine. Non è poi sempre vero, che un designer, abbia in toto la responsabilità di decretare il successo o meno di un brand.
Se pensiamo in termini economici, i cambi frequenti, implicano costi alle aziende, anche ingenti, sia per l’uscita dei vecchi direttori creativi, che per l’integrazione di chi arriva. Serve tempo ai nuovi arrivati per consolidare la loro visione e il loro stile, mettendo in conto una flessione, si spera temporanea, di visibilità e delle vendite.
L’heritage non deve essere solo un concetto astratto ma è una strategia fondamentale per un brand, è il legame con il passato che consente di dare valore al presente dell’azienda. L’amore per il vintage e il ritorno di pezzi iconici del passato, non solo solo una moda passeggera, ma un segnale di come la storia di un brand continui ad influenzare il suo futuro e in senso più ampio quello della moda.
Il passato può essere si reinterpretato, anche con una vena nostalgica ma è necessario avvalersi dell’innovazione per renderlo attuale. E’ plausibile attingere e studiare gli archivi delle maison, rivisitando forme, tessuti e dettagli iconici, adattandoli alle esigenze del pubblico moderno, senza, però, snaturare l’immagine del brand, rendendolo irriconoscibile. La sfida dell’innovazione, consiste nel creare un equilibrio tra la tradizione, l’identità storica e la sperimentazione, la chiave per mantenere una visibilità rilevante all’interno del fashion system.
