
IL LATO OSCURO DI SHEIN: TRA FAST-FASHION, SFRUTTAMENTO E IMPATTO AMBIENTALE!
Maggio 29, 2025
DAL GLAMOUR ALLA SCHIAVITU’? QUAL’E’ IL PREZZO UMANO DELL’INDUSTRIA GLAMOUR DELLA MODA??
Giugno 3, 2025Chi non ha mai acquistato un capo Zara, scagli la prima pietra! Il colosso di Inditex compie 50 anni ! Il 9 maggio 1975 Amancio Ortega, fondatore della catena internazionale di negozi di abbigliamento Inditex, apriva il primo store di Zara a La Curona, da allora ne è passato di tempo e oggi Zara è presente in oltre 98 Paesi e ne raggiunge altri 214 on line.
Oltre 300 designers collaborano alla realizzazione dei capi e a collezioni, si può affermare, senza ombra di dubbio, le più vendute sul pianeta! Andando a sostituire un prêt-à-porter di lusso a prezzi vertiginosi con un guardaroba trendy, a cifre decisamente più abbordabili. Quella che è la catena del fast-fashion per eccellenza, sembra essere diventata un vero e proprio brand, ben posizionato sul mercato e altrettanto ben colcato nel portafogli dei consumatori. Anche se molto probabilmente, alcune cose cambieranno, a causa dei dazi imposti dall’amministrazione Trump, i prezzi subiranno delle variazioni, di conseguenza in modo particolare le catene del fast-fashion non saranno più così competitive, dovendo rivedere i prezzi al consumatore. Inoltre Zara sta modificando la propria politica, cercando di cambiare la propria immagine connotata come catena fast-fashion. I capi Zara sono diventati un must-have di tutti i guardaroba, anche in quelli più griffati fa capolino un abito, una maglia, un pantalone o un accessorio firmato Zara.


Grazie a collezioni sempre al passo con i trand del momento e prezzi per tutte le tasche, questa catena la fa da padrone sul mercato mondiale dell’abbigliamento. La sua caratteristica è proprio quella di avere la capacità di intercettare le tendenze, trasformandole in capi pronti alla vendita in tempi record, avvalendosi di strategie di marketing studiate nei minimi particolari. Le collaborazioni con designers della moda , quella con la M maiuscola, come Stefano Pilati ad esempio, ex direttore creativo di YSL, che ha realizzato una collezione caratterizzata da uno stile minimalista e da un’eleganza timeless, rendono più appetibili gli abiti, dando la sensazione e l’illusione di possedere un capo da passerella. Non a caso la capsule realizzata da Pilati in collaborazione con il marchio spagnolo è stata presentata alla settimana della moda 2024 di Parigi ed è stata immortalata da Steven Meisel, con la partecipazione alla campagna pubblicitaria, oltre che di Stefano Pilati stesso, anche di Gisele Bündchen.
Non dimentichiamo la collaborazione con la super top model britannica Kate Moss, sempre nel 2024, capsule ispirata ai suoi look iconici degli anni ’80, combinando l’aspetto glamour vintage ad uno stile più rock’n’roll.
Zara si avvale di una filiera produttiva integrata verticalmente, ovvero un sistema che consente un controllo quasi totale su ogni fase della produzione: progettazione, confezionamento e distribuzione. Ogni settimana si hanno nuovi arrivi, in quantità contenute, creando nel consumatore l’urgenza di acquistare, onde evitare di perdere il capo desiderato. Questa strategia, ingenera nel consumatore acquisti impulsivi e visite frequenti negli store. Zara non vuole più essere percepita come brand fast-fashion ma vuole diventare il nuovo prêt-à-porter, avvalendosi di una comunicazione degna di un marchio di lusso, con linee più costose, collaborazioni famose, campagne pubblicitarie che sembrano editoriali patinati e negozi che sembrano concept store di lusso. Perfetta strategia di marketing e Zara va ad occupare in questo modo un vuoto di mercato. La moda è ormai spaccata in due: marchi cheap e luxury, Zara diventa la via di mezzo, abiti a prezzi ragionevoli, seppur, come già detto, i prezzi si stiano alzando, tendenza non seguita dalla qualità, però le linee danno una parvenza di ricercatezza e gli abiti sono adatti ad essere indossati tutti i giorni.
Che il fast-fashion voglia prendere il posto della moda e non più solo copiarla? Forse ci sta riuscendo, successo di Zara o fallimento della moda stessa? A testimoniare l’ormai stretto legame con il mondo del fashion- system è il video che celebra i 50 anni del marchio, diretto da Steven Meisel con un cast di 50 tra le top model più famose. Il risultato è un film glamour in bianco e nero, in cui le modelle cantano “I fell love” di Donna Summer del 1977, una chiara dichiarazione di intenti! Zara, nonostante tutto però, rimane comunque una catena fast-fashion perché “Non è tutto oro quel che luccica” e mai proverbio fu così azzeccato.
Apprezzabile il tentativo di greenwashing con iniziative che inneggiano alla sostenibilità, come il lancio della linea “Join Life”, impegnandosi ad utilizzare solo cotone biologico e riciclato entro il 2025, o ancora fare dei propri negozi punti di raccolta di abiti usati, ma Zara continua ad essere comunque oggetto di critiche. In realtà tutto questo rientra in una ulteriore tattica di marketing, utilizzata per indurre chi compra a credere che i prodotti, in questo caso capi di abbigliamento, siano più ecologici di quanto lo siano effettivamente. Il modello fast-fashion infatti, si basa su una produzione veloce ed un consumo rapido, con un conseguente impatto sull’ambiente non più trascurabile. Alcuni studi hanno dimostrato che la riduzione di CO2 generata dalla rivendita online di capi usati da parte dei marchi fast-fashion si aggira intorno allo 0,7%, percentuale irrilevante rispetto all’inquinamento prodotto dal settore che produce il 18% delle immissioni globali di anidride carbonica.

Il problema è a monte, importante è la fase di progettazione dei capi, lavorando sui criteri che definiscono la durabilità di un capo, agendo così sul versante socio-ecologico del settore moda. Importante è la scelta dei materiali e la loro lavorazione, dalla produzione al riutilizzo e recupero di un capo. Lo scopo è quello di arrivare ad un sistema moda in grado di creare una produzione circolare ed etica.
Il modello Zara, solleva interrogativi importanti sul mondo fashion, non è sufficiente creare piattaforme di rivendita dell’usato per riequilibrare un sistema la cui produzione si basa sullo sfruttamento dei lavoratori e delle risorse del Pianeta. Bisognerebbe interrogarsi sulla reale possibilità di conciliare fast-fashion e sostenibilità. I consumatori modificheranno il loro modo di acquistare o continueranno a preferire la quantità alla qualità? Sarà in grado il colosso di Inditex di guidare il mondo del fast-fashion verso un sistema più etico e sostenibile? Per ora ciò che è certo è che Zara continua a dominare il mercato con la stessa velocità con la quale rinnova le proprie collezioni. Forse è anche colpa nostra che siamo diventati pigri nel cercare e scoprire soluzioni alternativa, rimanendo nella confort zone del fast-fashion, che fornisce esattamente ciò che cerca la società di massa.