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SEP JORDAN: QUANDO L’ARTE DEL RICAMO SI TRASFORMA IN LIBERTA’ !!
“Non sempre possiamo fare grandi cose nella vita, ma possiamo fare piccole cose con grande amore”.
Madre Teresa di Calcutta
Quando sentiamo parlare di moda e nella fattispecie di moda etica e sostenibile, non ci sentiamo quasi mai chiamati in causa , tendiamo a pensare che sia “qualcosa” che riguardi le aziende, i grandi marchi e che il tema sia legato alle case di moda. In realtà non è proprio così, la moda per essere realmente etica, deve partire proprio dai consumatori, dovremmo proprio essere noi, fashion victim o meno, a rivedere il nostro modo di fare shopping, in prospettiva di rendere il nostro guardaroba etico e sostenibile. I motivi per cui convertirci ad una moda etica sono più di uno e non includono il “non acquistare”, ma bensì il contrario.
Andiamo con ordine:
- la moda etica può sostenere comunità che vivono in condizioni di povertà e disagio culturale.
- la moda etica è responsabile, non solo verso l’ambiente ma anche verso i lavoratori.
- la moda etica è un modo per contrastare “l’usa e getta” tipico del “fast fashion”.
- la moda etica equivale ad acquistare prodotti di qualità e duraturi.
Recentemente ho avuto modo di conoscere una realtà aziendale, il cui focus si concentra proprio sull’impatto sociale ed etico, dando vita ad un progetto di luxury fashion che aiuta con corsi di formazione ed occupazione, centinaia di donne siriane, rifugiate nel campo profughi di Jerash in Giordania.
SEP, acronimo che sta per Social Enterprise Project, è stata la prima azienda privata di lusso a stabilire, nel 2013, il proprio centro operativo nel campo di Jerash, noto come “Gaza camp”, in Giordania. Istituito come campo di emergenza nel 1968 per ospitare i rifugiati palestinesi fuggiti dalla striscia di Gaza durante la guerra del 1967, il campo si trova poco lontano dalle rovine romane di Jaresh. Oggi sono circa 35.000 i rifugiati palestinesi nel campo e la stima della popolazione residente si aggira intorno ai 50.000, facendo del campo di Jaresh uno dei più popolati e poveri tra i 13 campi profughi presenti ad oggi in Giordania. Le famiglie sono ormai di terza generazione ed oltre la metà degli abitanti ha meno di 19 anni, ragazzi spesso privi di istruzione e con una prospettiva di un futuro fatto di estrema povertà.
SEP, concretizza il proprio aiuto, valorizzando una delle tradizioni più antiche della Palestina, ovvero il ricamo e non si tratta di semplici decorazioni ma di una vera e propria arte, fatta di prezioso artigianato e cultura locale. Le donne che prendono parte a questo progetto, sono da considerarsi a tutti gli effetti artiste del ricamo, che grazie all’impiego offerto loro da SEP, hanno finalmente la prospettiva di raggiungere un’indipendenza economica, uscendo anche dalla precarietà culturale. Proprio questo è lo scopo della moda etica, creare aziende che possano aiutare e dare dignità ai lavoratori di aree socio-culturali svantaggiate. Nel caso di SEP, Roberta Ventura, manager laureata alla Bocconi, con un’innata passione per il Medio Oriente, insieme al marito Stefano Ambrosio, co-founder del progetto, nel 2013, hanno pensato di sostenere in modo continuativo le donne di Jerash, inventando una via alternativa ed originale per ridare dignità alle donne rifugiate, coinvolgendole in percorsi di formazione, che oggi, hanno portato alla nascita di un’accademia, proprio all’interno del campo. Viene insegnato loro una tecnica antica , risalente all’Ottocento, che consiste nel realizzare una trama a filo unico, senza l’uso di nodi, che garantisce una resistenza duratura nel tempo. Le ricamatrici vengono pagate ogni lunedì, con un sistema di wallet digitale, mettendo in atto anche un percorso di educazione finanziaria, contribuendo all’emancipazione sociale e culturale di queste donne.


Attualmente il progetto coinvolge 500 donne ed ha ricevuto la certificazione BCorp, rilasciata dall’organizzazione internazionale B Lab, che ha il compito di valutare le imprese secondo precisi standard, previsti dal B Impact Assessment (BIA), in merito alla salvaguardia dell’ambiente, della comunità presente sul territorio e dei fornitori. Ad oggi, la realtà di SEP, sta riscuotendo successo ed ha ampliando le sue sedi da Ginevra, Berlino, Amman, oltre che nello stesso campo profughi di Jerash a Milano. E’ proprio nella sede di Milano, grazie a Ludovica Contini, boutique Manager, che è iniziato il mio viaggio alla scoperta di SEP, progetto etico ed umanitario, con una filosofia ben precisa: far diventare le donne siriane artefici di un cambiamento culturale, attraverso il loro lavoro. Ludovica mi spiega che acquistare un capo o della biancheria per la casa, significa dare un aiuto concreto alle artigiane che lo hanno realizzato, un supporto economico e morale, aumentando l’autostima e la convinzione di “poter e saper fare” di queste donne che sono il cuore del progetto. Acquistare un pezzo di SEP significa iniziare a fare la differenza, comprando un capo unico e prendendo consapevolezza di ciò che significa “moda etica”.
Il ricamo è l’attività principale, dando valore, così, ad un’arte antica, tramandandola alle nuove generazioni. Le creazioni di queste mani artigiane, hanno fatto di SEP un’azienda dell’artigianato di lusso a sostegno delle donne rifugiate, principali produttrici dei manufatti, con un conseguente impatto positivi sull’intera comunità, mentre la maggiorate del team dirigenziale così come i fondatori sono italiani. Un occhio di riguardo all’impatto ambientale, perché tutti i ricami sono realizzati a mano, così come l’assemblaggio, svolgendo una ricerca sui tessuti realizzati con materiali riciclati.
Oggi gli ambasciatori nel mondo di SEP Jordan, sono numerosi ed il sostegno è trasversale, dal mondo della musica, con Roger Waters, co-fondatore dei Pink Floyd, portavoce di temi politici e sostenitore del progetto. Anche il mondo del cinema ha posto la propria attenzione su SEP con Talia Elansari, attrice palestinese e a proposito di cinema, SEP ha messo a disposizione il talento delle proprie artigiane realizzando i ricami dei costumi di scena per “Mary Magdalene”, disegnati da Jaqueline Durran, costumista vincitrice del premio Oscar, ricreando la tessitura artigianale del tempo, elemento fondamentale per gli abiti del film. Per approdare ovviamente alla moda con Bianca Balti, sostenitrice dei diritti umani e dei rifugiati.
SEP Jordan è l’incontro di due mondi diversi ma che corrono parallelamente, fondendo il gusto italiano con la tradizione medio orientale, avendo come priorità aziendale il profitto tanto quanto la tutela degli esseri umani e del pianeta.